mercoledì 19 agosto 2020

"Riconosci la presenza del Signore?"

Ventunesima ordinario anno A

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.

Letture: Is 22,19-23    Sal 137    Rm 11,33-36    Mt 16,13-20:

Commento: Ancora una volta la Parola del Vangelo esprime il desiderio profondo e bello che Dio ha da sempre nell’intimo: essere riconosciuto dagli uomini nel suo amore che ormai è rivelato nella persona di Gesù. In Gesù Dio si mostra, si fa conoscere; in Gesù stesso possiamo scorgere la trepidazione di un Dio che chiede una risposta alla sua proposta, come un innamorato che aspetta con ansia la risposta dell’amata dopo averle fatto la sua dichiarazione d’amore.

Gesù non ha posto la sua domanda perché ha una crisi di identità. La pone ad ognuno noi oggi perché sa che dalla risposta che noi diamo e daremo ogni giorno dipende la nostra identità, l’essere suoi discepoli. “Ma voi, chi dite che io sia?” Non si può mai dire di conoscere Gesù definitivamente, Egli resta sempre per noi un mistero. Come è un mistero anche la persona, le persone che ci vivono accanto; non possiamo dire di conoscere tutto del nostro coniuge, c’è sempre qualcosa che ci sfugge, che non capiamo. Spesso le persone come Dio sono un mistero. Forse perché siamo noi che non gli permettiamo di esprimersi, di rivelarsi, infatti siamo così impegnati e concentrati su noi stessi che non diamo loro spazio per raccontarsi, per dirsi. Basta che noi gli facciamo capire che siamo disponibili ad ascoltarle, mettendo loro al centro, ed ecco che subito si sentono valorizzate, hanno lo spazio per esprimersi e si aprono senza misura. Ecco questo succede anche con Dio. Solo se ci lasciamo interrogare dalla sua domanda possiamo entrare nel mistero di Cristo. Questa domanda apre un cammino, apre una nuova ricerca nella volontà di conoscere veramente e più da vicino il nome che è la nostra salvezza: Gesù!

Si possono sapere molte cose su Gesù, ma in realtà non conoscerlo affatto, al contrario chi fa l’esperienza diretta dell’incontro con Lui nell’ascolto della sua Parola, nei sacramenti, nell’amore gratuito delle persone con le quali si vive o si incontra, questi diventa respons-abile – abile a rispondere, capace di dare risposta. Allora la domanda di Gesù si trasforma e diventa: “Sai riconoscermi presente nella persona che ami e hai sposato quel giorno?” Gli sposi infatti sono “ricordo” reciproco della presenza di Cristo nella loro relazione, e dovrebbero ogni giorno ringraziarlo per il dono che il Signore ha fatto l’uno per l’altra, perché non siano soli e possano affrontare assieme la vita facendosi dono l’un per l’altra, come Cristo si è fatto dono per tutti.

La domanda può modificarsi ulteriormente: “Sai rispondere alle attese, alle necessità, alle carenze di chi ti vive accanto?” La fede in Gesù ci rende responsabili, capaci di rispondere ai bisogni dell’altro nella misura in cui riesco a metterli prima dei miei, con gioia e gratuità, come Gesù ha posto prima di se stesso la nostra Salvezza. Se riusciamo ad essere responsabili in questo modo diventeremo anche affidabili, ossia persone alle quali ci si può affidare totalmente. Nelle nostre famiglie riusciamo ad affidarci totalmente l’un l’altra? Gesù ha bisogno di trovare nei suoi discepoli una fede solida, una fede affidabile, che si possa toccare e vedere concretamente nel loro stile di vita.

Allora, quello che è avvenuto per Pietro in modo unico, avviene anche in ogni cristiano che sa affidarsi a Dio in una fede sincera. Anche noi siamo chiamati a dire con la nostra vita la professione di fede come Pietro, che però non da solo arriva a riconoscere Gesù come il Figlio di Dio. Questa sua professione di fede esprime una verità, ma anche l’adesione, l’amore, l’affetto per il Maestro. La strada per una relazione sempre più autentica, personale e intima con il Signore è sempre una: lo Spirito Santo. La seconda colletta di questa liturgia riassume bene la preghiera che tutti potremo fare oggi: “… dona a tutti gli uomini la luce del tuo Spirito, perché riconoscendo in Gesù di Nazareth il Figlio del Dio vivente, diventino pietre vive per l’edificazione della tua Chiesa.” (Respira in me Spirito Santo, perché io possa conoscere Gesù) 

 

 

 

 

 

 

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