Quinta
domenica di Pasqua anno A
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Dal Vangelo secondo Giovanni
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Dal Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Non sia turbato il vostro
cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. Nella casa del
Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a
prepararvi un posto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto,
verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche
voi. E del luogo dove io vado, conoscete la via».
Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo
conoscere la via?». Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la
vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se avete conosciuto
me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete
veduto».
Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». Gli rispose
Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?
Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il
Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole
che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me,
compie le sue opere.
Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le
opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado
al Padre».
Letture: At 6,1-7 Sal 32 1Pt 2,4-9 Gv 14,1-12
Commento: Le letture di questa domenica, a mio avviso, ci propongono tre temi importanti: il primo: la comunione tra noi; il secondo: la santità, terzo: la fede vissuta nell’amore. Nella prima lettura degli Atti, vediamo come fin da subito la chiesa ha avuto problemi nel vivere l’ideale della comunione voluto da Gesù. Nella comunità si notano disparità di trattamento; le vedove dei credenti che non erano ebrei, venivano trascurate nella distribuzione quotidiana per il sostentamento. Questo ci dice che la comunione è una cosa concreta, palpabile, il suo grado di intensità si misura dai nostri atteggiamenti, attenzioni verso gli altri, dalla cura e dall’aiuto donato al fratello che è nel bisogno; ma anche nel cercare di non praticare preferenze di persone suddividendole per nazionalità, cultura, religione, ruolo sociale, o all’interno della stessa chiesa, razza, etnia. Ricordiamoci sempre che, come dice San Pietro in Atti 10, 34 il “Signore non fa preferenze di persone”.
Siamo noi
uomini che distinguiamo nel pregiudizio che sappiamo esercitare bene. Anche la
chiesa quindi non è preservata dalle fatiche, c’è sempre il rischio di vivere
la propria fede in modo individualistico: Io e il mio Dio, noi e il nostro Dio;
io e il mio gruppo, noi e la nostra associazione, io e il mio ruolo nella
comunità; noi e la nostra identità di parrocchia, ma non siamo la stessa
chiesa? Non siamo tutti di Cristo?
Anche in
famiglia sapete, essendo “piccola chiesa” si è chiamati a non lasciarsi
prendere dall’individualismo che snatura la persona. Il pensare per sé stessi,
il decidere da soli senza confrontarsi con l’altro, la poca attenzione
reciproca, il non guardarsi mai negli occhi, prima o poi tutto questo porta a
prendere strade diverse, desideri diversi, progetti diversi, che portano a non
riconoscersi più. La comunione è un cammino non privo di incertezze e
difficoltà. È il bene al quale tendere vigilando sui nostri atteggiamenti, e
sentimenti, affrontando le eventuali scosse e turbolenze con una paziente
collaborazione, lasciandosi guidare dallo Spirito Santo che conduce tutti verso
l’unità perfetta nella molteplicità dei carismi e dei ministeri.
Ecco allora
perché passo al secondo tema: la santità.
Vocazione propria di ogni battezzato. L’Apostolo Pietro nella seconda lettura
ci dice fondamentalmente che la santità non è sinonimo di “buona condotta”, né semplicemente di “lotta contro il peccato”, ma di vita nello Spirito di Cristo, via
che conduce ad essa. Cos’è questa “vita nello Spirito?” Ci è stata data nel
battesimo. Nel battesimo siamo rinati a nuova vita, non siamo più quelli di
prima, siamo uomini e donne nuovi dice San Paolo. In noi è stata infusa la vita
stessa di Dio della quale parla Gesù nel Vangelo: “Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il
Padre”? Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me?” E tu fratello
e sorella, credi in questo? Se credi in questo allora dovresti credere anche
che in te, questa comunione divina, questa vita trinitaria risiede, ha preso
dimora nella presenza del dello Spirito. Può esserci qualcosa in questo mondo
che, almeno sfiorato dallo Spirito di Dio non possa essere santo o santificato?
Bene tu sei abitato/a dallo Spirito di Dio, tu sei santo/a, Non si può più
essere abitati dallo Spirito Santo e vivere da uomini vecchi, ossia legati alle
passioni, alle inclinazioni e inquietudini umane, certo, queste rimangono
presenti in quanto uomini, ma in quanto cristiani, “popolo che Dio si è acquistato perché proclami le sue opere”, esse
non sono più predominanti.
Ecco allora
l’ultimo tema: la fede vissuta come amore. “Credete
a me: io sono nel Padre e il Padre è in me.” Ecco quello che siamo chiamati
a credere. Come Cristo è nel Padre e il Padre in Cristo, anche noi siamo
chiamati a vivere uno nell’altro, un per l’altro. Come in una coppia di sposi
che si amano e trasmettono la bellezza del loro amore; quando si incontra uno
dei due da solo, senza il coniuge, colui o colei che manca comunque lo si
percepisce presente, perché non si riesce a pensare l’una senza l’altro. Lo
sposo, anche se non visibile fisicamente, vive nella sposa e l’una richiama
sempre l’immagine dell’altro e vice versa. Anche nella chiesa dovremmo
concretizzare questo, richiamare sempre l’immagine l’un dell’altro e insieme
l’immagine di Dio Trinità, altrimenti non possiamo essere un solo corpo, un
unico tempio spirituale in cui Dio dimora. Per fare questo ci è stato dato lo
Spirito Santo, perché renda possibile camminare sulla via di Dio, sicuri che
Egli opera tutto per il nostro bene. Pregate lo Spirito Santo perché ci
converta alla sua presenza.
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