lunedì 12 ottobre 2020

 28a domenica ordinario

Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».
In quel tempo, Gesù, riprese a parlare con parabole [ai capi dei sacerdoti e ai farisei] e disse:
«Il regno dei cieli è simile a un re, che fece una festa di nozze per suo figlio. Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non volevano venire.
Mandò di nuovo altri servi con quest’ordine: Dite agli invitati: “Ecco, ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e gli animali ingrassati sono già uccisi e tutto è pronto; venite alle nozze!”. Ma quelli non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò: mandò le sue truppe, fece uccidere quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.
Poi disse ai suoi servi: “La festa di nozze è pronta, ma gli invitati non erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze”. Usciti per le strade, quei servi radunarono tutti quelli che trovarono, cattivi e buoni, e la sala delle nozze si riempì di commensali.
Il re entrò per vedere i commensali e lì scorse un uomo che non indossava l’abito nuziale. Gli disse: “Amico, come mai sei entrato qui senza l’abito nuziale?”. Quello ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: “Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti».


Letture: Is 25:6-10 salmo 22 Fil 4: 12-14.18-20 Mt 22: 1-14

Commento:

La Parola di Dio ci indica una strada di condivisione, di speranza, di gioia, di festa. Le promesse di Dio si realizzano attorno ad un evento futuro che la nostra fede ci fa sperare, che si fonda su l’impegno e la promessa di Dio. Una festa di nozze per ognuno di noi. Le nozze, sappiamo, sono il segno per eccellenza di gioia e redenzione che Cristo ha rivelato.

Egli stesso è venuto nel mondo per unirsi alla sua sposa l’umanità, sposando la nostra natura umana prendendo un corpo di carne, ossa, sangue, in un modo così intimo e nuovo da poter parlare del rapporto tra Dio e l’uomo come di uno sposalizio, del quale gli sposi, ricordiamo, sono segno visibile agli occhi di tutti. S. Paolo a proposito, dice del matrimonio cristiano l’essere un “grande mistero”, una realtà così bella e profonda proprio per il fatto di avere per modello il rapporto sponsale appena ricordato, tra Gesù e la sua Chiesa.

L’annuncio continua nel brano del Vangelo, dove troviamo un’altra parabola di Gesù, che riprende l’immagine della festa di nozze della lettura di Isaia. Siamo noi gli invitati alle nozze, siamo noi i raccolti ai crocicchi delle strade, buoni o cattivi, siamo noi. È una festa nella quale il Signore elargisce i suoi doni, ma non ce li porge restando sulla porta, magari semi aperta per paura di fare entrare lo sconosciuto, no, Lui ci fa entrare in sua compagnia.

I doni di Dio sono soprattutto spirituali, ma fatti di carne ed ossa. I doni di Dio esigono però una disposizione interiore per essere da noi accettati. Infatti non si può dare per forza un dono a chi non lo apprezza. Anche noi, non parliamo di cose serie con chi sappiamo le deride e non ascolta; non diamo un nostro buon consiglio ad uno che poi fa l’esatto contrario. Sarebbe una perdita di tempo.

In quest’ottica, allora, possiamo intendere il simbolo della “veste nuziale”, come la bona volontà di ricevere ciò che Dio ci offre. Quale vestito indossiamo in questo momento? Il vestito delle nostre resistenze e preoccupazioni? Il vestito della nostra superficialità e autosufficienza? Il vestito della paura di perdere tutto e noi stessi? Quale vestito indossiamo? Il Signore oggi, in questo momento potrebbe accostarsi a noi e dirci “Amico, perché sei qui?” Ogni domenica davanti al corpo del Signore ci può essere fatta questa domanda, l’eucaristia ci costringe a chiederci quale vestito stiamo indossando, perché dobbiamo sapere che è solo quello nuziale che si deve indossare per essere degni di stare alle “Nozze”.

Cosa vuol dire? L’indegnità non è altro che il nostro rifiuto dell’amore di Dio per noi e naturalmente il rifiuto dei doni conseguenti a questo amore. L’amore tra due coniugi e il sacramento del matrimonio, non sono forse doni dell’amore di Dio per noi?

Anche nella tradizione biblica la veste nuziale rappresenta le qualità etiche e spirituali della persona; allora visto che nel testo, portare la veste nuziale è la condizione ultima per partecipare alla festa, il vestito per noi rappresenta anche la fede che prosegue nell’impegno operante in gesti e azioni d’amore. Portare l’abito nuziale significa, realizzare le condizioni per tornare all’adesione a Gesù, significa rivestirsi di opere e gesti buoni e belli di amore nell’impegno quotidiano, impegnati nella ricerca della felicità dell’altro, che realizza di conseguenza anche la nostra felicità.

 

Nessun commento:

Posta un commento