sabato 24 ottobre 2020

"Amerai"

30a Domenica del tempo ordinario anno A

 + Dal Vangelo secondo Matteo



In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Letture:  Es 22,20-26    Sal 17    1Tes 1,5-10    Mt 22,34-40

Commento: Tema centrale delle letture di oggi è la “relazione”, non una relazione superficiale o estemporanea, ma “la relazione” quella profonda che da senso alla vita e ci fa esistere. Noi la conosciamo come relazione d’amore. In particolare il Signore oggi ci invita a riflettere sulle due forme di relazione d’amore per le quali siamo stati creati e attraverso le quali dovremmo impostare tutta la nostra vita: l’amore verso Dio e l’amore verso i fratelli e le sorelle.

E qui abbiamo subito da pensare e riflettere sulla provocazione che la Parola di Dio ci presenta nella prima lettura. V. 20 “Non molesterai il forestiero né lo opprimerai, perché voi siete stati forestieri in terra d’Egitto”.

Forse qualcuno di voi ha sperimentato la condizione di “forestiero” in altri stati? Dovremmo prima o poi sperimentarla per poter capire lo stato d’animo di chi è oggi forestiero qui da noi! Forse alcuni nostri nonni, potrebbe raccontarci qualcosa in merito. In passato sappiamo che dai nostri paesi molti se ne sono andati a cercar lavoro per sostenere la propria famiglia. Se ci fosse qui qualcuno di questi fratelli ci direbbero sicuramente la grazia e la felicità di aver trovato un lavoro all’estero, ma anche ci racconterebbero quello che hanno passato per vivere lontano dagli affetti, le difficoltà incontrate, le ingiustizie e le umiliazioni sofferte. Bene ora noi dobbiamo chiederci: cosa abbiamo imparato da questo nostro passato? Quale attenzione e accoglienza stiamo dando allo straniero che vive tra noi?

Lo straniero come la vedova o l’orfano, rappresentano come sappiamo quelle categorie che al tempo di Gesù vivevano in situazioni di indigenza, non avevano la forza e nemmeno la possibilità di far valere i propri diritti. Noi oggi oltre allo straniero conosciamo altre realtà emarginazione e povertà, non solo di mezzi materiali; ecco, questo brano ci indica nell’amore, nell’attenzione, nella solidarietà verso queste categorie, il modo di vivere concretamente l’amore di Dio.

Questa è la verità che Gesù conferma ma anche chiarifica nel racconto di Matteo.

Qui vediamo al v. 35 un dottore della legge fa una domanda di sfida, una domanda da esperto e quindi, secondo lui, una domanda molto impegnativa per un semplice falegname di Nazareth. “Qual è il grande comandamento?  Oltre ai dieci comandamenti, sappiamo che i farisei conoscevano e osservavano numerosi precetti e divieti per un totale di 613. Era importante però sapere qual è il principio di tutte queste leggi perché altrimenti poteva succedere che invece di favorire la vita esse riuscivano soffocarla in una semplice osservanza senza l’esenziale.

Per renderla più accessibile anche alla nostra realtà odierna, e alla nostra situazione di fedeli cristiani d’oggi, potremmo tradurre questa domanda in questo modo: Cosa è essenziale vivere per un discepolo di Gesù? Andare in chiesa? Pregare? Farsi battezzare? Fare elemosina? Cosa? 


L’essenziale, dice Gesù, è amare. Amerai! Dio è amore e ci comanda di amare.

Detto e ascoltato da Dio, questa è più una raccomandazione, è un affidare a noi la possibilità di vivere del suo amore, rispondendo ad esso con l’amore ricambiato verso di Lui, e verso i fratelli. Ecco l’essenza della legge che Gesù richiama. L’amore non è solo il mezzo per custodire la vita: l’amore è il fine della stessa vita. Dicevo all’inizio, noi siamo stati creati per amare Dio e se amiamo Dio non possiamo non amare ogni creatura che è stata creata da Lui, a partire dai nostri simili.

Infatti Gesù aggiunge al v. 39 “Il secondo comando è simile al primo… amerai il prossimo tuo come te stesso” L’originalità della risposta di Gesù non sta nel avere risposto giusto citando i due comandamenti, ma nell’averli resi simili, facendo del primo il criterio di verifica del secondo e viceversa. L’amore con cui amo il prossimo è lo stesso amore con cui amo Dio. Il problema è che non sempre noi sappiamo amare così, ci risulta difficile, ci costa, perché richiede di rinunciare a noi stessi, ai nostri interessi, ai nostri modi umani di pensare e di agire. Ma chi non ama vive nel buio, nella solitudine, nella morte.

Allora noi possiamo vivere il comando dell’amore solo se scopriamo e accettiamo di essere amati da qualcuno ma soprattutto da Dio. Questo è il dono dello Spirito Santo, che bisogna chiedere. Lo Spirito che è stato effuso a noi dalla croce, davanti alla quale nessuno può più dubitare dell’amore di un Dio che da la vita, rinunciando a se stesso, il proprio essere Dio, spogliandosi di tutto perché tutto di Lui diventi dono. Allora ci diamo un consiglio, ogni volta che non riusciamo ad amare, poniamoci qualche minuto davanti al crocifisso e chiediamo la forza dello Spirito perché ci insegni ad amare come Gesù.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

martedì 20 ottobre 2020

"Coscienza e libertà"

29a domenica ordinario A

+ Dal Vangelo secondo Matteo

In quel tempo, i farisei se ne andarono e tennero consiglio per vedere come cogliere in fallo Gesù nei suoi discorsi.
Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità. Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno. Dunque, di’ a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?».
Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti, perché volete mettermi alla prova? Mostratemi la moneta del tributo». Ed essi gli presentarono un denaro. Egli domandò loro: «Questa immagine e l’iscrizione, di chi sono?». Gli risposero: «Di Cesare».
Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio».

Letture: Isaia 45, 1.4-6  Salmo 95   1Ts 1,1-5  Vangelo Mt 22, 15-21

Nel Vangelo di questa domenica, abbiamo Gesù che affronta un’ulteriore disputa con due dei più importanti gruppi politici del suo tempo. Farisei ed erodiani, si odiavano a morte, infatti i farisei ritenevano l’occupazione romana un castigo di Dio; gli erodiani invece, che sostenevano e servivano Erode, il re fantoccio voluto dai romani, accettavano l’occupazione come una benedizione.

Gli fanno una domanda: “E’ lecito, o no, pagare il tributo a Cesare?” La risposta di Gesù è inattesa, spiazza letteralmente gli interlocutori. Gesù risponde sottraendosi alla logica dello schieramento. Non è una risposta evasiva, tanto meno sfugge al dilemma, ma sposta il discorso all’origine della vita dell’uomo, la dove si trova il centro propulsore, ossia la giusta concezione del dipendere da Dio e, quindi, la giusta libertà di fronte a chi rappresenta lo stato, o comunque il potere costituito.

Gesù non mette Dio e Cesare sullo stesso piano, la sua attenzione si concentra sulla preoccupazione di salvaguardare in ogni situazione politica, i diritti di Dio Creatore. Per Lui i diritti di Dio coincidono con i diritti dell’uomo, la causa di Dio è la causa dell’uomo ferito, maltrattato, sofferente, inerme, ultimo. Questo significa che affermare il primato di Dio è la radice della dignità dell’uomo e della libertà di coscienza.

Per Gesù non è importante entrare nel merito della legittimità o meno del rapporto che si ha con il potere politico, ma ci indica quale deve o dovrebbe essere il comportamento del cristiano di fronte allo stato. Gesù non ci dice che lo stato, inteso come amministrazione, non debba reclamare ciò che gli spetta, (che poi se guardiamo bene, non spetta all’amministrazione in se, ma spetta a tutti i cittadini…) Gesù aggiunge una cosa importante, ossia: lo stato non può erigersi come valore assoluto: ogni potere politico, che sia formato da cristiani o non cristiani, non può attribuirsi diritti che sono solo di Dio, non può sostituirsi alla coscienza degli uomini. 


Cosa vuol dire “Rendete a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”. Il potere di un re è delimitato solo ai territori dove la sua moneta circola. (indovinello) Se l’immagine sulla moneta è di Cesare … Chi è l’immagine di Dio? L’uomo!

Compito di ogni istituzione allora è si di governare ma farlo in modo che si possa restituire a Dio l’uomo stesso, la sua immagine, e restituirlo come Lui l’ha pensato, ossia: lo ha pensato come figlio, libero, rispettato, lo ha pensato amato e non calpestato.

L’uomo oppresso, l’uomo abbandonato, l’uomo offeso, l’uomo ingannato, non è l’immagine da restituire a Dio. E noi, nei nostri ambiti? Famiglia, associazioni, Chiesa, quale immagine stiamo restituendo a Dio?

Il Vangelo ci ricorda che se il potere di Cesare si estende fin dove arriva la sua immagine, cioè la sua moneta, anche quello di Dio si diffonde in ogni realtà voluta da Dio, compresa quella politica, in cui vive e opera la sua immagine: l’uomo. La coscienza allora, dell’uomo politico, dovendo amministrare la vita di tanti suoi simili, non risponde delle proprie azioni soltanto davanti agli uomini, ma per il Vangelo, soprattutto davanti a Dio.

Dal primato di Dio deriva la superiorità dell’uomo su ogni istituzione, compreso lo stato: non è lecito sacrificare l’uomo alla ragion di stato.